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JUNG E LA PSICOLOGIA ANALITICA

La grandezza di Jung e della sua psicologia consiste fondamentalmente nel suo proporsi non come verità dogmatica scientificamente rivelatasi, ma come invito alla reale esperienza psichica

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“Prima di ogni seduta, mi prendo alcuni minuti per ricordarmi la mia umanità. Non c’è nessuna esperienza che questo uomo ha avuto che io non possa comprendere, nessuna sofferenza di cui non mi possa prendere cura…Non importa quanto la ferita sia profonda, non deve averne vergogna di fronte a me, anche io sono vulnerabile… Qualunque sia la sua storia, non avrà più bisogno di essere da solo con essa. Ed è questo che permetterà alla sua guarigione di iniziare”

(C. Rogers)

Più vivo, più gli esseri umani mi sembrano affascinanti e per me pieni di interesse… Stolti o intelligenti, meschini o quasi santi, diversamente infelici, tutti sono cari al mio cuore; mi sembra di non capirli adeguatamente e la mia anima è piena di inesauribile interesse per loro… Le persone che amo di più sono quelle non del tutto realizzate, non molto sagge, un po’ pazze, imperfette insomma… L’uomo realizzato, perfetto come un ombrello, non mi attira, perché che altro si può dire se non che non serve a niente in un giorno senza pioggia?

(da Maksim Gorkij “Due storie” … con piccoli aggiustamenti…)

Il Kingtsugi - riparare con l'oro 

Quando i Giapponesi riparano un oggetto rotto , valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi ritengono che quando qualcosa ha subito una ferita e ha una storia diventa più bello.

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Questa tecnica è chiamata “kingtsugi”, oro al posto della colla, metallo pregiato invece di una sostanza  adesiva trasparente…e la differenza è tutta qui…occultare l’integrità  perduta o esaltare la storia della ricomposizione?
Chi vive in Occidente fa fatica a fare pace con le crepe. Spaccatura, frattura, ferita, sono percepiti come colpa, mancanza, inadeguatezza, imperfezione
Il pensiero analogico, arcaico, mitico, simbolico, invece, ci riporta alla necessaria compresenza degli opposti … impreziosire la ferita, la spaccaura con l’oro (della consapevolezza?) in modo che l’intero risulti ancora più bello di quando era integro, questo ci insegna il Kingtsugi.

 

“…Sì, HO CAPITO QUELLO CHE MI HA DETTO, MA IO STO MALE, STO TROPPO MALE… E QUANDO STO MALE NON C’E’ NIENTE DA FARE…”

Ecco, nell’attacco di panico, nei disturbi alimentari, nelle terribili dipendenze di ogni tipo,  l’ aiuto che può dare la PSICOLOGIA ANALITICA JUNGHIANA consiste nell’offrire un contenitore fluido, privo di certezze, dove prima ancora di capire si impara a stare insieme, ad avvicinarsi, a sentire insieme, “empaticamente”. Si prova insieme a mettersi in relazione con l’Incomprensibile, ascoltandolo… “Stare con” per “dare senso”, “prendersi cura” come esperienza a due. Parole che curano. …abbandonando i terribili “imperativi” del sociale: l’autosufficienza, l’efficienza, la velocità…imparando a stare nel presente, con fiducia. Fiducia innanzitutto nelle proprie capacità di autoguarigione, quelle capacità che ognuno possiede e che il terapeuta prova ad attivare. Perché se si è lì, a “fare” psicoterapia, è evidente che il meccanismo si è inceppato.
E non ci sono scorciatoie, ma il tempo è dettato dalla propria interiorità, anche se è comprensibile la fretta di chi soffre e vuole che “IL MALE, QUEL MALE, PASSI SUBITO IMMEDIATAMENTE …ORA…” .
La psicoterapia come un balsamo che lenisce il dolore, che cura perché si prende cura.
Il “processo di individuazione” è la fatica, ma anche la gioia di diventare se stessi; capire, e profondamente, in ogni cellula, che la nostra individualità ha diritto, pieno diritto di esistere... è una scelta che si rinnova in ogni istante. E’ un processo che ”fa di un uomo quel che è, quel che è destinato ad essere”.


PSICOTERAPIA: QUANDO LO PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA DEVE INTERVENIRE

 

E’ bene che chi intraprende una psicoterapia lo faccia in piena consapevolezza, scegliendo quella più adatta. Quando si chiede l’aiuto dello psicologo psicoterapeuta vuol dire che il processo di guarigione e di cambiamento è già iniziato,  anche se lo si fa in momenti di grave difficoltà e lo si vive come un fallimento, con  la sensazione di chi non è riuscito da solo, con le sue forze, a superare quella crisi. In realtà è un atto di coraggio e di consapevolezza.

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